L'Arte, il Web, la Globalizzazione
- Fabrizio Gavatorta
- 16 mag 2018
- Tempo di lettura: 3 min
La diffusione dei computer e dei social ha potenziato la crisi che era stata provocata, nel mondo dell’arte, dall’avvento dell’euro, dallo scoppio della bolla finanziaria speculativa e dall’uscita di scena della generazione di collezionisti degli anni Sessanta. Frattanto la classe media è, sotto il profilo economico, scomparsa. Peggio di così non poteva andare per il mercato dell’arte. La globalizzazione ha portato sempre più spettatori a “crearsi” un occhio artistico, molto spesso superficiale, alimentato soprattutto dal gusto americano della pop art e dalla neo pop art. Gli ultimi corniciai rimasti – dopo gli uragani economici che hanno colpito tutta la filiera artistica – riferiscono di avere richieste di lavoro per poster fotografici di opere di Warhol o di affiche di mostre o di immagini panoramiche di New York.
Le difficoltà in cui versano soprattutto i giovani italiani, induce una lunga permanenza dei giovani stessi nelle abitazioni dei genitori. I genitori hanno ormai arredato la propria casa e non hanno più denaro per investire e comunque gli investimenti si compiono, generalmente, al di là del grande collezionismo, nell’età dell’ottimismo e del vigore. Non si aprono nuove case, che erano luoghi in cui creare o acquistare immagini per le pareti. Le nuove convivenze inducono ad improntare la casa come un luogo di residenza transitorio, mentre i matrimoni la indicavano come sede d’elezione della famiglia, nella quale, ogni oggetto contribuiva a creare un’unità identitaria. A quei tempi si compravano quadri anche per investire, ritenendo che fossero beni durevoli.
E’ indubbio il fatto che nella seconda metà del Novecento, proprio mentre i pittori prosperavano, si faceva avanti un’elitaria forma di arte concettuale, che riteneva il quadro come una forma di ridicolo feticismo piccolo borghese. La crisi della pittura fu parzialmente superata grazie alla Transavanguardia, che recuperò e conferì, di nuovo, dignità al quadro e alla pittura. Purtroppo, è stato un fenomeno mondiale transitorio, che mantiene alto il valore di se stesso, ma che si è rivelato incapace di produrre elementi di continuità rispetto alla bellezza della pittura, nelle nuove generazioni.
Nei concorsi maggiori, la pittura è guardata ancora con sospetto e si tendono a privilegiare installazioni, tecniche miste di varia natura, innovazioni. Ma il mercato può essere ancora indirizzato al quadro, considerata l’avanzata della street art che viene sempre più spesso strappata e riportata su tela. Oggi, se si compie una scelta di vita improntata all’essenzialità e se si seguono queste regole, non è difficile vivere con i proventi delle vendite di pezzi d’arte. Anzi, è praticabile. Le regole – alcune delle quali sono ben note ai più anziani, che le sorvoleranno – sono indirizzate sia agli esordienti che agli artisti già formati, che cercano uno spazio di mercato, oggi che i canali tradizionali sono tutti sbarrati e che risulta elaborare nuove strategie di vendita.
Se siete molto giovani e volete fare un esperienza e avviare un confronto, ritagliatevi una permanenza di qualche mese, ben programmata, in luoghi nei quali ci sono molti giovani artisti. Più di qualche mese è solo una perdita di tempo. Troverete giovani che sono nelle vostre stesse condizioni. E forse è meglio giocare in casa, mantenendo i contatti. Teniamo conto di un aspetto. Le grandi capitali del mondo dettano legge in fatto di moda e di linguaggio. E i mercati provinciali, che offrivano ai pittori del Novecento uno spazio vitale, non esistono più poiché non esistono più linguaggi provinciali, ma espressioni globalizzate. Tra la fine dell’Ottocento e il 1950 la capitale mondiale dell’arte era Parigi. Dal 1960 a oggi è New York. Gli artisti che hanno una grande fortuna economica sono quelli che abitano a New York e che frequentano miliardari, attrici e cantanti. Il loro linguaggio diviene universale. Gli stessi italiani che hanno fatto fortuna economica sono transitati, anche solo a livello di mostra, da New York, ma in modo organizzato, attraverso una corrente – Transavanguardia e Arte povera – e il passaggio di opere attraverso aste internazionali. Ma è inutile pensare di trasferirsi a New York o ritenere, ad esempio, che oggi, Berlino, offra qualcosa di più a livello di mercato. Oggi la capitale del mondo dell’arte è “New York nel web”. Attraverso il web siamo dove viviamo fisicamente e, al tempo stesso, in altri luoghi. Per questo la concorrenza è aumentata, ma sono aumentati anche i potenziali acquirenti. E non c’è altro modo di vivere d’arte. Tra casa e il web. Non ci sono altre strade, ma questa è indubbiamente molto buona.

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